Gerolamo Cardano
(1501-1576) di Pierluigi Piziamiglio |
da L'INSEGNAMENTO DELLA
MATEMATICA maggio 2001, pagg. 238-260 |
Tra il settembre del 1575 e il maggio del 1576. all'età di settantaquattro anni compiuti, il medico pavese Gerolamo Cardano mise mano alla redazione di un memoriale della sua vita o, per meglio dire, di una strana `autobiografia' intitolata De propria vita, che rimase per altro manoscritta e vide la luce a stampa a Pari soltanto nel 1643.
"Se pure nella mia vita non mi è accaduto nulla di eccezionale, di avventure strane me ne sono capitate parecchie" (Gerolamo Cardano, Autobiografia, trad. italiana a cura dì P.Franchetti, Torino, G. Einaudi,l945 p. 3).
Con tali parole avvia praticamente il nostro la narrazione della sua vicenda esistenziale, che d'altra parte occupa solamente i primi quattro paragrafi dell'opuscolo; mentre i rimanenti cinquanta capitoletti sono destinati a presentare singoli aspetti della sua personalità, della sua attività sia professionale che editoriale. dei suoi pensieri e dei suoi comportamenti. E strano è ancora il fatto che egli presenti se stesso, proprio come figura fisica, cominciando a parlare dei suoi ...piedi.
Dall'insieme di questi sintomi diventa logico diagnosticare che questo scritto del Cardano non è collocabile - propriamente parlando - nel genere della letteratura autobiografica, ma che obbedisce a una diversa, peculiare esigenza: come se volesse quasi giustificarsi (forse fin troppo!) di non essersi dimostrato di certo nel corso della sua vita - uno stinco di santo, ma di aver posseduto pure delle qualità umanamente non disprezzabili. Leggendo l'autobiografia del Cardano si ha la netta sensazione che egli sia disposto ad ammettere di avere avuto dei comportamenti indubbiamente anche non edificanti, per i quali ricerca e invoca comprensione e perdono; ma non vuole affatto apparire come un eretico, né quanto ad idee né quanto ad amicizie, temendo fin troppo palesemente di essere di nuovo condannato al silenzio, sia della docenza che della pubblicistica, se non proprio alla reclusione carceraria.
L'autobiografia e dunque piuttosto un'autodifesa. un'apologia rivolta forse al Pontefice per discolparsi dalle incombenti accuse di concezioni ed atteggiamenti ereticali, che gli erano stato mosse dal Tribunale dell'Inquisizione. E in effetti, quando mise mano alla redazione del memoriale sulla sua vita e i suoi scritti, Cardano e' a Roma ormai da quattro anni, chiamatovi da Pio V (l566- l572), cioè il domenicano ex inquisitore Michele Ghislieri (cui è tuttora intitolato un prestigioso collegio universitario pavese), col quale la controriforma tridentina aveva raggiunto il suo apogeo, che egli aveva ingiunto di non insegnare e di non pubblicare nulla mentre era ospite degli Stati Pontifici. Nel frattempo, però, era salito al soglio pontificio quel Gregorio XIII (1572-1585), cioè il bolognese Ugo Boncompagni, che nel 1582 promulgherà la Riforma del Calendario, dal quale il Cardano aveva ottenuto una `pensione' e dal quale quindi, con la sua autodifesa, sperava di vedersi restituire la libertà di pubblicare e insegnare. Purtroppo, lo `strano' e geniale medico pavese morì a Roma il 21 settembre 1576, senza neanche aver potuto sottoporre la sua supplica autodifensiva all'autorità competente.
Prime vicende biografiche: tra Pavia, Padova e Milano
Gerolamo Cardano cm nato a Pavia il 24 settembre 1501. Figlio naturale di un noto giurista e matematico di nome Fazio, legittimato dal successivo matrimonio dei genitori, cagionevole di salute trascorse la sua infanzia a Milano, ove suo padre si era trasferito e si era preso personalmente cura della prima formazione sia letteraria che scientifica del figlio.
Iniziati in seguito studi regolari di diritto a Pavia, le vicende belliche lo costrinsero nel 1524 a trasferirsi allo Studio di Padova, ove poté coltivare quegli studi medici che preferiva, divenendo anche 'rettore' ovvero decano degli studenti e conseguendovi il dottorato. Esercitò poi la professione medica nel padovano e nel milanese, con un tale successo da suscitare l'invidia dei colleghi.
Accanito giocatore di dadi e di scacchi, a sua detta fin dal 1526 aveva messo mano a un trattatello De ludo aleae (Ilecle ("Il gioco d'azzardo"), che verrà forse completato nel periodo bolognese, tra gli anni '60 e `70, e che comunque sarà pubblicato solo nel 1663, pertanto dopo la famosa corrispondenza intercorsa tra P Fermat e B.Pascal nel 1654 in cui è universalmente riconosciuto che si attuarono le prime ricerche e si ottennero i primi significativi risultati nel campo della teoria dei giochi, e quindi non poté influire nella preistoria del calcolo delle probabilità. Nella breve serie di considerazioni che il Cardano presenta nel suo breve scritto viene affrontato il problema, tipico del calcolo combinatorio. di determinare le possibili 'uscite' ottenute con uno o più dadi e la relativa 'frequenza' in ordine a certi tipi di gioco o di scommessa. Oltre a risolvere diversi problemi particolari, inerenti principalmente al gioco dei dadi e a quelli con le 'carte', il matematico pavese cerca di valutare a priorila probabilità di un risultato ricorrendo ad una regola nolto semplice (Cardano, De ludo aleae, cap. 14, in G.Cardano, Opera, Lione 1663, tomo I, p. 266b), cioè al rapporto fra il numero dei casi favorevoli ed il numero dei casi possibili, a condizione che questi siano tutti equipossibili (cfr. O. Ore, Cardano the gambling scholar- con traduzione inglese del "De ludo aleae'' di G.Cardano a cura di S.R.Gould, Princeton/NJ. Universitv Press, 1953, p. 202).
Nel 1534 il Cardano ottenne finalmente a Milano l'incarico che era già stato di suo padre - di insegnare matematica (più precisamente aritmetica, astronomia e geometria) nelle Scuole Piattine, così denominate perché istituite con un lascito dell'umanista Tommaso Piatti all'Ospedale Maggiore, ove si tenevano i corsi nei soli giorni festivi. Contemporaneamente egli praticò la medicina con un tale successo da procurarsi l'invidia dei colleghi e una fama europea al livello di quella del grande A.Vesalio.
Anche gli studi matematici del Cardano lo fecero notare per la sua genialità. La sua prima significativa opera di argomento matematico si intitolava: Practica arithmetice et mensurandi singularis("Pratica singola di aritmetica e di misurazione". Milano 1539). Come il titolo stesso dichiara, questo voluminoso trattato di una settantina di capitoli considera gli aspetti direttamente applicativi sia dell'aritmetica e dell'algebra che della geometria e dell'agrimensura. È stato giustamente riconosciuto che esso si basa essenzialmente sulla lettura della vasta Summa de arithmetica, geometria, proportioni ei proportionalità edita dal francescano Luca Pacioli (c. 1445-1517) nel 1499 e ristampata nel 1523, opera che a sua volta si fondava sulla tradizione avviata dal Liber Abaci e dalla Practica geometriae di Leonardo Pisano (sec. XII-XIII).
Nell'opera di Cardano dapprima si insegna ad eseguire le sette operazioni aritmetiche fondamentali (numerazione, addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione, elevamento a potenza, progressioni), considerando in successione i numeri interi, razionali e irrazionali. Vengono poi presentati argomenti più o meno curiosi: dagli artifici per agevolare l'esecuzione dei calcoli aritmetici a memoria a questioni inerenti al la numerologia astrologica; dal metodo di 'falsa posizione' ai classici tipi (già individuati da al Kwarizmi e Fibonacci) di equazioni di primo e secondo grado. Dato il carattere espressamente pratico-operativo del manuale, non ci si deve aspettare di trovarvi alcuna dimostrazione dei vari procedimenti in esso presentati.
A questo proposito, Gino Loria ha messo in luce e acutamente commentato la procedura algebrica utilizzata: "Beneché il Cardano non si serva di simboli speciali, ma soltanto di qualche abbreviazione già usata dai predecessori, pure sa trasformare in modo ammirabile le equazioni in cui s'imbatte, valga a provarlo il seguente esempio: di fronte all'equazione 6x3-4x2=34x+24,
egli aggiunge ai due membri il primo; ottiene così
2(6x3-4x2)= 6x3-4x2+34x+24;
poi addiziona ai due membri 24x2, onde nasce
2(6x3+8x2)= 6x3+20x2+34x+24, ossia
4x2(3x+4) = (2x2+4x+6)(3x+4);
ora, siccome 3x+4 non si annulla per alcun valore positivo di x, Cardano lo sopprime dai due membri; così ottiene 2x2 = x2+2x+3 ossia x2 = 2x+3, che dà subito x=3. Sopra siffatte manipolazioni algebriche va fissata la nostra attenzione, perché sono esse che hanno resa possibile e forse ispirata al Ferrari la risoluzione delle equazioni di 4° grado" (G.Loria, Sloria delle matematiche dall'alba della civiltà al tramonto del secolo XIX, Milano, U.Hoepli, 1959; rist 1982; p.294). A titolo esemplificativo riferiamo l'esatta espressione 'sincopata' data dal Cardano alla suddetta equazione: "6cu. m. 4census aequatur 34co. P. 24" [6x3-4x2=34x+24].
Il Loria conclude la sua riflessione accennando al fatto che il matematico, di origine bolognese, Ludovico Ferrari (1522-1565), s i trovava già in quegli anni a collaborare col Cardano, di cui era stato discepolo e al quale seppe dare a tempo debito man forte in una disputa, che contrappose il medico pavese al bresciano N.Tartaglia, della quale si parlerà più innanzi: al Ferrari, il Cardano riconosce il merito d'aver saputo risolvere le equazioni di quarto grado, escogitando la maniera di riportarle ad equazioni di terzo grado.
Per tornare al trattato di matematica pratica del Cardano si deve constatare come, dopo la parte aritmetica e algebrica, vengono considerati ampiamente argomenti di interesse sociale, commerciale e agronomico: dal computo del calendario, ai cambi di monete, fino alle questioni di determinazioni di pesi e misure varie.
In particolare, nel cap. 61 (cfr. G.Cardano, De extraordinariis et ludis, in G.Cardano, Opera, Lione 1663, tomo IV, pp. 110-113), con evidente riferimento ad analoga trattazione contenuta nella menzionata opera di L.Pacioli, si parla di calcolo combinatorio applicato al gioco e in particolare del problema dalla distribuzione della 'posta' nei giochi interrotti ovvero il cosiddetto "problema dei punti": il Cardano sembra essere stato uno dei primi studiosi del problema ad indicare di guardare non tanto ai giochi vinti quanto a quelli che mancano.
Dal punto di vista culturale generale, l'epoca in cui Cardano visse era contrassegnata dal l'ethos dell'uomo artefice della propria fortuna o, si direbbe oggi, dell'uomo che si è fatto da sé, mosso dal desiderio di perpetuare il proprio nome e di essere ricordato dai posteri(cfr. cap. IX dell'autobiografia cardanica). E certo anche per questo il Cardano nel suo scritto autobiografico indulge nel descrivere le avverse condizioni della sorte a lui toccata, che spesso si direbbe accanita e tragicamente divertita nei suoi confronti, da ogni punto di vista la guardasse: cioè sia riguardo alla sua persona, anche fisica(cioè la sua salute), che alla sua famiglia (sia quella di origine che quella da lui formata), che al suo mondo professionale e amicale,come anche riguardo al suo patrimonio personale e familiare. Che in tutto ciò vi sia una certa dose quantomeno di esagerazione e che comunque il Cardano pagasse un debito sia alla moda dell'epoca che alle convenienze della sua vita (come si è fatto osservare all'inizio di questo scritto), è riconoscibile ad esempio da quanto risulta dall'ultimo testamento, redatto nell'agosto del 1576, della decina che il Cardano scrisse o sottoscrisse nel corso della sua vita, da cui si ricava che "non soltanto nell'ultimo anno della sua vita era onesto e religioso ed ornato di ottime virtù, ma che erasi sempre portato dene... Sta scritto che egli fu sempre poverissimo, perché giocatore, mentre a partire dal testamento del 1531 noi vediamo un proprietario, che va aumentando i suoi beni (A.Bertolotti, I testamenti di Gerolamo Cardano, medico, filosofo e matematico nel secolo XVI. Milano, Tip. Bortolotti, 1882, pp. 8-9).
Un altro personaggio che in quella stessa epoca esprime un analogo ethos di autoaffermazione fu il matematico di origine bresciana Niccolò Tartaglia (c. 1500-1557), con la sua vita pure sventurata. Ebbene, accadde che proprio questi due personaggi completamente 'rinascimentali' ad un certo punto videro incrociarsi e vollero intersecare i loro destini: e naturalmente fu ... una tragedia.
A proposito del Tartaglia, proprio mentre attendeva alla redazione dell'opera matematica in questione il Cardano venne a sapere che il matematico bresciano, che nel frattempo si era trasferito a insegnare matematica a Venezia, era a conoscenza delle formule risolutive delle equazioni cubiche: un problema matematico che a fine `400 il francescano L.Pacioli aveva giudicato "impossibile" (L.Pacioli, Summa, Venezia 1523, Distinctio IX, Tractatus VI, f. 150r), e questo autorevole pronunciamento aveva fino allora distolto lo stesso Cardano dal proseguire le sue indagini in quella direzione. Ma a partire dal 2 gennaio 1539, tramite un suo messo, Cardano inizia a chiedere al Tartaglia le suddette regole risolutive e rinnova in seguito ripetutamente la richiesta per lettera; non riuscendo a conseguire lo scopo, invita il Tartaglia a Milano, lo ospita in casa sua e infine il 25 marzo di quello stesso anno, obbligandosi al segreto con giuramento "ad sacra Dei evangelia", ottiene dal Tartaglia le regole desiderate, che erano espresse in versi, un po' oscuri ma comunque facilmente memorizzabili.
Nel 1543 il Cardano ottenne finalmente la nomina a docente di medicina, prima a Milano e poi all'Università di Pavia. Quell'anno 1543 è passato alla storia, in specie in quella della scienza, come una specie di annus mirabilis, perché fu proprio allora che comparve a Norimberga il De revolutionibus orbium celestium {"La rivoluzione delle sfere celesti") del polacco N.Copernico, in cui veniva proposto un nuovo schema astronomico eliocentrico e geodinamico, che ribaltava l'antica configurazione tolemaica; mentre a Basilea il fiammingo A.Vesalio faceva uscire il suo De humani corporis fabrica ("La struttura del corpo umano"), che costituì a sua volta una pietra miliare nel Superamento dell'antica anatomia galenica.
Per collocare la vita e l'opera del Cardano entro il suo tempo si deve anche ricordare che verso la fine del 1541 era morto in Austria l'estroso medico, filosofo e teologo Paracelso, la cui figura suggerisce qualche confronto col nostro scienziato pavese. Né si deve dimenticare che tra il 1545 e il 1563 si svolse il famoso Concilio di Trento, la cui funzione doveva essere quella di riformare la Chiesa e di riportarla ad unità.
L'Ars magna
Pur essendo ormai un medico professionista riconosciuto e ricercato e un cospicuo docente universitario, il Cardano continuò a coltivare anche i suoi studi di matematica e di meccanica.
Frutto sommo delle sue ricerche matematiche fu la cosiddetti Ars Magna ovvero Artis magnae sive de regulis algebraicis liber unus ("La grande arte ovvero le regole d'algebra": Norimberga 1545: tr. ingl. moderna a cura di T.R.Witmer: Cambridge/Mass l968).
Tra le nuove idee presenti in quest'opera meritano di essere segnalate le seguenti: la 'regola di Cardano' per risolvere le equazioni di terzo grado in forma ridotta (cioè mancante del termine di secondo grado); le trasformazioni lineari che eliminano il termine di secondo grado in un'equazione cubica completa (che il Tartaglia non sapeva risolvere); l'osservazione che un'equazione di grado superiore al primo ammette più di una singola radice; l'abbassamento del grado di un'equazione quando si conosce una delle sue soluzioni; la soluzione di diverse equazioni quartiche attribuita al Ferrari.
La formula di Cardano, che consente di conoscere le radici dell'equazione cubica x3+px+q = 0, in cui p e q sono dei coefficienti reali, è data da x=u+v, in cui si ha
u = 3Ö (-q/2 + Ö (q2/4+p3/27)) e
v = 3Ö (-q/2 - Ö (q2/4+p3/27)).
Ma allorquando si ha che D = q2/4 + p3/27 < 0, l'equazione cubica ammette tre soluzioni o radici reali e distinte e i valori di u e v non si possono ottenere con puri metodi algebrici; in questo caso l'equazione è 'irriducibile', come il Cardano stesso riconosce, e il calcolo delle radici richiede l'estrazione di radici cubiche di numeri complessì: "Ma ove il cubo della terza parte del numero delle Cose ecceda il quadrato della metà del numero dell'equazione [(p/3)3>(q/2)2] ... allora consulterai il libro dell'Aliza [se ne parlerà più avanti !] qui aggiunto" (Cardano, Ars magna, in G.Cardano. Opera, Lione 1663, torno IV p. 251b). Fu il Cardano il primo a trattare delle radici immaginarie o 'radici di meno' o di 'meno sofistico' come egli bizzarramente le chiamava.
In questa sua opera Cardano presenta i metodi e le formule di risoluzione delle varie equazioni cubiche, dandone una sua dimostrazione o verifica originale (cfr. S.Maracchia Da Cardano a Galois. Momenti di storia dell'algebra, Milano, Feltrinelli. 1979. pp. 3641) e comunque attribuendo correttamente il merito della loro invenzione (Cardano, Ars magna, capp. I e XI) sia al bolognese Scipione del Ferro (1465-1526), lettore di aritmetica e geometria nello Studio di Bologna, che le avrebbe ideate tra la prima e la seconda decade del secolo XVI, come anche a Niccolò Tartaglia (c. 1500-1557), che le aveva trovate nel 1535; così pure riconoscendo il valore delle scoperte fatte dal suo discepolo Ludovico Ferrari (1522-65) in merito alla soluzione delle equazioni di quarto grado.
La ragione per cui il Cardano decise di far conoscere la formula risolutiva delle equazioni di terzo grado, che gli era stata comunicata dal Tartaglia in via del tutto confidenziale e previo impegno a non renderla pubblica (come si è detto), era principalmente legata al fatto che il Cardano stesso, trovandosi nel 1542 a Bologna, in compagnia del suo discepolo e ormai a sua volta docente di matematica L.Ferrari, presso Annibale della Nave, genero e successore sulla cattedra di matematica di Scipione del Ferro, ebbe occasione di vedere un libretto in cui quest'ultimo aveva lasciata scritta la sua risoluzione delle equazioni cubiche.
Ma il Tartaglia se ne risentì moltissimo per l'operazione di pubblicazione effettuata dal Cardano, al punto che nei suoi Quesiti et inventioni diverse (cfr. rist. anast. e introduzione a cura di A.Masotti, Brescia, Ateneo, 1959), opera da lui pubblicata a Venezia subito nel successivo anno 1546, ne parlò in termini assai pungenti (Libro IX, qq. 25 e 31-41). Ne nacque una famosa disputa matematici (1547-48) tra il Tartaglia stesso e L.Ferrari, che si era mosso a difesa e a nome del suo maestro G.Cardano, donde ne vennero i famosi sei Cartelli le sei relative Risposte di una interessante disfida (cfr. L.Ferrari e N.Tartaglia, Cartelli di sfida matematica, rist. anast. E introduzione a cura di A.Masotti, Brescia, Ateneo, 1974). Una difesa ad oltranza dell'atteggiamento assunto in quel frangente dal Cardano e della competenza matematica di L.Ferrari si trova nel lungo saggio storiografico di E.Bortolotti, I Cartelli di matematica disfida e la personalità psichica e morale di Girolamo Cardano, Imola, P.Galeati, 1933, pp. 80, rist. in E.Bortolotti, Seconda serie di studi e ricerche sulla storia delle matematiche in Italia, Bologna, N.Zanichelli, 1944.
"L'Ars Magna segna un grande progresso su qualsiasi algebra pubblicata prima. Fino allora gli algebristi si erano limitati ad occuparsi delle radici positive delle equazioni, il Cardano discusse le radici negative ed anche le immaginarie, e dimostrò che quest'ultime debbono sempre trovarsi a coppie, sebbene rifiutasse di cercare qualsiasi spiegazione, che egli diceva che sarebbe ingegnosa ma inutile, circa al significato di queste quantità sofistiche.
La teoria delle quantità immaginarie attrasse poco l'attenzione dei matematici, tranne che per le ricerche alquanto simili fatte pochi anni dopo dal Bombelli, fino a quando Giovanni Bernoulli ed Eulero ripresero a studiare l'argomento quasi due secoli dopo. Il Gauss per primo diede ad essa una base sistematica e scientifica, introdusse la notazione delle variabili complesse, e usò il simbolo i, già introdotto da Eulero, per denotare la radice quadrata di -1: la teoria moderna si fonda principalmente sulle sue ricerche" (W.W.Rouse Ball, Breve compendio di storici delle matematiche, ed. or. Inglese Londra 1900, tr. it. a cura di D.Gambioli e G.Puliti con aggiunte a cura di G.Loria, Bologna, N.Zanichelli, 1903, vol. 1, p. 234). Dunque, quest'opera fece conoscere e consentì la diffusione di tutti i risultati che erano stati conseguiti sino a quel tempo dagli algebristi italiani.
Gli algebristi italiani del `500
Con l'invenzione della stampa, anche i libri d'abbaco - cioè i libri di bottega artigianale e commerciale della tradizione medievale e rinascimentale si vennero gradualmente trasformando in testi o manuali ad uso scolastico. Risulta infatti ampiamente evidente l'esistenza di una vera e propria `tradizione abbachista', che si è sviluppata ininterrottamente dall'opera omonima di Leonardo Pisano nel secolo XIII sino alla fine del secolo XVI e che, nella storia della matematica e in specie nella storia dell'insegnamento dell'aritmetica, ha avuto un ruolo importantissimo nel finire la fisionomia di questa disciplina nell'ambito della cultura e della società europea, dal Duecento al Cinquecento Compresi.
I libri d'abbaco furono in effetti i veicoli, oltre che per l'introduzione della numerazione araba, anche della diffusione in Europa delle acquisizioni algebriche degli Arabi: l'Algebra, proprio in quanto parte cospicua -'magna pars o ars magna, la chiameranno coloro che la metteranno in relazione con l'introduttoria parva pars o ars parva costituita dalle regole dell'Aritmetica - della tradizione abbachista, venne proprio per questo studiata nelle scuole medioevali e rinascimentali e venne poi coltivata dalle prime scuole algebriche rinascimentali e moderne, tra le quali spicca la tradizione o scuola algebrica italiana, che ebbe come suoi più noti e importanti esponenti i vari N.Tartaglia, G.Cardano, L.Ferrari R.Bombelli.
Come dichiara nel suo scritto dei Quesiti (Venezia 1546), il Tartaglia già nel 1530 era riuscito a costruire equazioni cubiche di speciali forme, aventi assegnate radici irrazionali (Libro IX. q. 14); nel 1535 poi, in occasione di una disputa matematica con Anton Maria Fiore, che a Bologna era stato discepolo di Scipione del Ferro, Tartaglia trova la risoluzione delle equazioni di terzo grado nei tre tipi senza termine di secondo grado, con coefficiente unitario del termine di terzo grado e gli altri coefficienti interi positivi (x3 + px = q; x3 = px + q; x3 + q = px: Libro IX, q. 25); nel 1539, come detto, il Tartaglia consegnò a G.Cardano il testo di una sua composizione in rima in cui veniva indicata la soluzione dei suddetti tre casi o tipi di equazioni di terzo grado, mancanti del termine quadrato, ai quali peraltro può ridursi ogni equazione cubica generale [ax3+bx2+cx+d=0]a coefficienti reali o complessi. Il testo delle rime tartaleane nei primi nove versi - su venticinque - si riferisce alla forma detta allora 'capitolo di cubo e cose uguali a numero' e suona così: "Quando ch'el cubo con le cose appresso/ se agguaglia a qualche numero discreto [x3+px=q] / trovan dui altri differenti in esso [u-v=q] // Da poi terrai questo per consueto / ch'el loro prodotto sempre sia eguale / al terzo cubo delle cose neto [uv=(p/3)3].// El residuo poi suo generale / delli loro lati cubi ben sottratti/ varrà la tua cosa pincipale [ x =3Ö u - 3Ö v ]" (Libro IX, q. 34, c. 120v).
Quanto a Lodovico Ferrari (1522-1565), nel 1540, in occasione di un'altra disputa matematica con Giovanni Zanini da Collio (cfr, Cartelli, ed. Masotti, pp. 7 e 187), a sua volta docente di matematica prima a Brescia e poi a Milano (subentrando al Cardano), scopre la risoluzione delle equazioni di quarto grado [ax4+bx3+cx2+dx+e =0]: cfr. E.Bortolotti, Sulla scoperta della risoluzione algebrica delle equazioni del quarto grado, "Periodico di Matematiche" - 1926, estr. in E.Bortolotti, Studi e ricerche sulla storia della matematica in Italia nei secoli XVI e XVII, Bologna, N.Zaniche1li, 1928, pp. 16 e R.Franci e Toti Rigatelli, Storia della teoria delle equazioni algebriche, Milano, Mursia, 1979 pp. 78-81.
A raccogliere in unità l'intera materia algebrica del tempo, come pure a far conoscere i risultati innovativi ottenuti da Tartaglia e da Ferrari, oltre ad aggiungervi suoi cospicui contributi provvide proprio la citata Ars magna di G.Cardano: è stato detto che, se si dovesse fissare una data per l'inizio della matematica moderna, si dovrebbe individuarla nell'anno 1545, proprio a motivo della comparsa della suddetta opera del Cardano.
Senza di essa non sarebbe concepibile neanche la grande Algebra di Rafael Bombelli (1526-1573), pubblicata a Bologna nel 1572 sulla quale si formarono i matematici di tutte le nazioni europee, da Viète e Cartesio fino a Leibniz. Nell'opera del Bombelli il 'caso irriducibile' viene definitivamente superato mediante un uso sistematico dei numeri complessi (cfr. R.Bombelli, L'Algebra, prima edizione integrale con prefazioni a cura di E.Bortolotti e U.Forti Milano, Feltrinelli, 1966, pp. 133ss per i numeri complessi e 224ss per il caso irriducibile). Il Bombelli indicò i numeri 'immaginari' e i complessi mediante le seguenti abbreviazioni simboliche: a.p: di m.b (a più di meno di b: a+ib) e a.m: di m.b (a meno di meno di b: a-ib).
Continuazione delle vicende biografiche: il periodo di docenza
pavese
Dal 1543 al 1562 il Cardano insegnò medicina a Pavia, ma tra il 1552 e il 1559 (senza peraltro ricevere lo stipendio dall'università) di fatto viaggiò molto (nel 1552 in Scozia e poi in Inghilterra o in Francia) e si dedicò a scrivere e pubblicare (in Germania, Svizzera e Francia) i suoi libri, riguardanti i pur diversi campi del sapere: dalle scienze alle pseudoscienze.
La professione docente venne onorata dal Cardano in modo qualificato, come fa osservare lo storico della medicina Angelo Bellini: "Il suo metodo d'insegnare destava l'ammirazione dei colleghi, specialmente per l'arte di far lezione estemporaneamente in forbita lingua latina; e badava a che nello spazio di una lezione l'argomento fosse trattato in modo completo e collegato dal principio alla fine come in un circolo chiuso; e disapprovava che altri recitasse in lettura immagini ed esempi, fors'anco copiati... Voleva insomma esaltare il dono naturale di pronunciare estemporaneamente, che reputava largito a lui dalla benignità divina. Confessava tuttavia di non possedere la grazia nel confutare e la forza del perorare; e fu tanto acre nelle polemiche, che tutti ne facevano le meraviglie ed evitavano di mettersi con lui alla prova" (A.Bellini, Gerolamo Cardano e il suo tempo(sec. XV) Milano, U.Hoepli, 1947 p. 158). E' interessante inoltre notare come con la citata narrazione autobiografica il Cardano ci consenta anche di gettare tino sguardo entro il mondo accademico del suo tempo, con le sue vistose contraddizioni, le sue grandi luci e le sue umanissime e drammatiche ombre.
Come medico - attività professionale principale nella sua vita - G.Cardano ebbe una notevole fama al suo tempo e in effetti risultò essere un precursore in psichiatria e uno studioso di notevole levatura nel settore dell'anatomia patologica. Scrive infatti ancora il Bellini: "Qua e là si scorge in lui un precursore dei moderni sistemi scientifici, perché nel curare i malati preferiva affidarsi all'esperimento piuttosto che al sapere ed alla confidenza. nell'arte e perché ebbe concezioni geniali, profondamente novatrici, che la Medicina moderna ha fatto rivivere; onde si può ben dire, che egli abbia aperto l'era induttiva sperimentale della Medicina...
E gioverà ricordare, che fu lui ad ispirare a Cesare Lombroso le prime idee sulla teoria degenerativa del Genio, e che lo stesso Lombroso lo riconobbe come suo precursore nella descrizione e classificazione dei delinquenti...
Allo stesso modo si può dire, che il Cardano intravide con molta approssimazione la moderna Sieroterapia e la Vaccinoterapia. Secondo lui i veleni inghiottiti passano dall'intestino nelle vene epatiche e quindi nel fegato e nel cuore; e durante quel tragitto si esauriscono, fino a rimanerne solo minime tracce. Qui non si può negare che egli non abbia intuito la circolazione entero-epatica e l'azione disintossicante del fegato" (ivi, pp. 303-304).
Notevole ed anzi eccezionale fu la sua capacità diagnostica, forse ricollegabile ad una sua acuta sensibilità criptestesica. dalla quale pare scaturissero anche quei fenomeni di allucinazioine cui egli andava sogetto, attestati principalmente dalla sua convinzione di essere assistito da un "genio tutelare buono e misericordioso" (Cardano, Autobiografia...cap. 47, p. 171).
Come si è detto, nei talvolta lunghi intervalli di docenza pavese, Cardano si dedicò principalmente alla compilazione e alla pubblicazione di diverse opere, che ebbero un notevole successo in tutta Europa.
Meritano in particolare d'essere ricordate due raccolte enciclopediche di curiosità, di estrose invenzioni e di elucubrazioni, talvolta geniali e talvolta veramente cervellotiche, che riguardano un po' tutti gli ambiti dello scibile e dell'esperire umano, in specie per quanto si riferisce alla cultura delle scienze naturali.
La prima di tali raccolte è stata dal Cardano intitolata De subtilitate libri XXI (`Della Sottigliezza": Norimberga 1550) e conobbe in meno di un secolo, ben otto edizioni in latino e altrettante edizioni francesi, per cui - a detta di P.Duhem - fino al 600 fu la sola opera che servì ai francesi per lo studio della statica e dell'idrostatica. E' degno di nota che l'editore (cioè il curatore) e il tipografo di quest'opera di Cardano, a Norimberga, furono i protestanti Andrea Osiander, teologo e astronomo, e Giovanni Petreio: gli stessi che nel
1543 avevano curato la prima edizione dell'opera maggiore di N.Copernico (1473-1543), e la frequentazione dei quali da parte del Cardano fu ritenuta sospetta dall'Inquisizione cattolica.
Questo scitto suscitò un'aspra e inconcludente contesa con l'erudito Juilius Caesar Scaliger (1484-1558), al quale, aristotelico ortodosso, sfuggiva quel senso del concreto, quel gusto del particolare e dell'immensa varietà delle cose, in cui si esprimevano il sentimento fondamentale e l'originalità del Cardano.
Nel Libro XVII di quest'opera si trova tra l'altro un fugace cenno a quella che verrà poi denominata come 'sospensione cardanica': in effetti vi si parla di un marchingegno per un trono regale, che consentiva all'occupante di rimanere orizzontale indipendentemente dall'inclinazione del sedile rispetto al terreno (cfr. G.Cardano, De subtilitate, Libro XVII, in G.Cardano, Opera, Lione 1663 tomo III, p. 612a). Il doppio giunto o giunto universale, già in uso nelle bussole marine e che il Cardano stesso dichiara essere al suo tempo utilizzato nelle lampade ad olio, che pare sia stato in origine ideato dal Cardano per consentire di collegare ad angolo più 'chiocciole' archimedee, venne in seguito utilizzato al fine di trasmettere il moto tra due o più alberi ruotanti di una stessa macchina: ciascuno degli alberi termina con una manovella e le due manovelle sono connesse tra loro da una biella, sicché si ottiene una connessione articolata tra gli alberi. Il caso che ne vede la più comune applicazione è quello delle automobili, ove la trasmissione del moto dal motore alle ruote non potrebbe avere luogo con un solo albero rigido, perché le oscillazioni della macchina, dovute alle irregolarità del la traiettoria tenderebbero a deformare o addirittura a spezzare l'albero: il giunto cardanico consente di mettere due o più albori sulla stessa linea in condizioni tali che durante il funzionamento della macchina sia possibile una piccola deviazione di uno rispetto all'altro.
La seconda raccolta, che ha la caratteristica fisionomia di un 'libro di bottega' redatto da un geniale ed estroso curioso della natura ed erudito rinascimentale, si intitola De rerum varietate libri XVII ("La varietà delle cose": Basilea 1557) e conohbe a sua volta ben cinque edizioni. Nelle sezioni astronomiche di quest'opera si noti che il Cardano rimase fedele all'ipotesi geocentrica e geostatica tolemaica, non aderendo alla nuova proposta cosmologica eliocentrica e geodinamica copernicana, perché a suo vedere il moto della Terra avrebbe dovuto risultare percepibile all'uomo. D'altro canto il Cardano si fa sostenitore della non esistenza del moto perpetuo, eccetto che nei moti celesti (cfr. G.Cardano, De rerum varietate, Libro IX, cap. 48, in G.Cardano, Opera, Lione 1663, tomo III, p. 190).
Questi due zibaldoni multidisciplinari, ricchi di genialità e di ingenuità ad un tempo, non possono non far pensare ai fogli sparsi di quell'altro estroso e genialissimo personaggio che fu Leonardo da Vinci (l45215l9), che era stato amico di Fazio Cardano, padre del nostro Gerolamo. Naturalmente, com'è da aspettarsi, vi fu chi espresse e sostenne l'ipotesi - indimostrabile e affatto improbabile - di un effettivo debito intellettuale pagato dal Cardano a Leonardo: cfr. P.Duhem, Etudes sur Léonard de Vinci. Ceaux qu'il a lus et ceaux qui l'ont lu, rist. Paris, F.De Nobele, 1955, 1, pp. 223-45.
Vi furono, d'altro canto, alcuni storici della scienza che vollero riconoscere in Cardano nientemeno che un precursore della metodologia scientifica di G.Galilei (1564 1642); ma, al proposito sembra più equanime la valutazione espressa dall'abate Raffaello Caverni, secondo il quale "Cardano, oppresso dalla turba dei Peripatetici (cioè degli Aristotelici] e tante volte da loro soggiogato e ridotto alla più abietta viltà dell'ossequio, si prova di tratto in tratto a levar alta la fronte e declama contro l'autorità del Maestro, contrapponendogli l'autorità del raziocinio e della esperienza" (R.Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia, Firenze, G.Civelli, 1891, tomo I, p. 47).
Continuazione delle vicende biografiche: il periodo bolognese.
Nel 1562 il Cardano passò alla cattedra di medicina di Bologna, ove il suo insegnamento godette di notevole prestigio; tuttavia, per i sospetti e le accuse che si accumularono a sua carico presso l'Inquisizione locale, il 6 ottobre 1570 fu arrestato sotto l'accusa di ateismo e di scetticismo religioso, nonché di aver praticato le arti magiche e l'astrologia. Venne in verità poi rilasciato il 22 dicembre dello stesso anno, rimanendo peraltro agli arresti domiciliari per altri tre mesi circa.
A proposito delle passioni o debolezze astrologiche e divinatorie del Cardano il solito A.Bellini annota: "Credette il Cardano di aver fatto progredire soprattutto la Medicina, la quale invero fu l'argomento di buona parte delle sue opere ... Ma il Cardano non si ritenne dall'addentrarsi negli abissi del Misticismo e delle Fantasticherie e, nel Sopravvento della Fantasia estremamente facile a impressionarsi, si abbandonò Sovente alle baie dell'Astrologia ed alle superstiziose credenze, come quelle sui plenilunii, sui giorni critici, sull'influenza delle gemme e dell'osso di liocorno, e tali sue convinzioni applicate alla medicina si erano radicate nel la sua mente, da ritenerle più sicure delle stesse dimostrazioni matematiche, in quanto, diceva egli, le prime si basano sulla percezione dei sensi e le seconde su dei postulati non dimostrabili" (Bellini, Gerolamo Cardano p. 302).
L'astrologia, specialmente quella applicata alla medicina, che lo faceva apparire come un taumaturgo se non un mago, fu ad un tempo il suo punto di forza e il suo lato debole: punto di forza perché, oltre a guadagnargli il timoroso rispetto dei creduloni, a qualunque ceto sociale appartenessero, di fatto egli venne interpellato e richiesto un po' in tutta Europa da parte di molti personaggi anche cospicui, nella speranza di trar vantaggio dalle sue presunte conoscenze occulte di debolezza, perché gli causarono denunce e anche la carcerazione, dal momento che si era azzardato addirittura a fare e a pubblicare nientemeno che l'oroscopo di Gesù Cristo.
Scriveva lo psichiatra Enrico Rivari : "Dell'astrologia il Cardano fu profondo indagatore e cotanto entusiasta da dettarne perfino l'elogio: Encomium astrologiae [cfr. Cardano, Opera, Lione 1663, tomo V, pp. 727-28]. Egli dice di essa: "Lo studio dell'Astrologia è per se bello e fa vedere i rapporti che legano le cose terrene alle celesti: esso poi serve a prevedere il futuro e a premunirsi contro ogni male" [G.Cardano, De libris propriis, in G.Cardano, Opera, Lione 1663, torno I, p. 144]... Questo l'alto concetto che delI'Astrologia ebbe il Cardano in quei tempi ad essa così perigliosi. Il rogo era servato agli astrologi! Ma non perciò si ristette Egli dal prediligere questa fra le altre scienze; non perciò ristette dal ravvivarne la tradizione. Osò anzi difenderla perfino contro le censure ecclesiastiche" (E.Rivari, La mente di Girolamo Cardano, Bologna, Zanichelli 1906,pp. 106 e 109).
Nel periodo bolognese il Cardano ebbe modo di pubblicare ancora altre importati opere di matematica. In un ponderoso tomo in-folio, pubblicato a Basilea nel 1570 e contenente anzitutto un Opus novum de proportionibus, ["Opera nuova sulle proporzioni"], cioè uno scritto di matematica applicata alle scienze fisiche e naturali, e una riedizione dell'Ars magna, G.Cardano faceva comparire anche un suo ampio studio, di oltre cento pagine a stampa dal curioso e misterioso titolo di Regula Aliza ovvero, per dirla col teatino Pietro Cossali, "De regula irresolubili ": si tratterebbe dunque di uno studio dedicato espressamente a quel 'caso irresolubile' già dal Cardano incontrato nella soluzione di certe equazioni cubiche. Il libro si presenta peraltro di una difficoltà di lettura straordinaria: per l'esoticità dei vocaboli tecnici usati, per i numerosi errori di stampa, per la mancanza di ordine nell'esposizione.
"Le prove più chiare -scrive sempre il Cossali- dell'analitico talento di Cardano, e che il più luminoso diritto gli conferiscono alla immortalità presso gli analisti sono le meditazioni profonde e le sottili indagini ed i bei discoprimenti sul caso Irreducibile. Egli fu il primo, siccome ad osservare, così ad affrontar questo analitico paradosso, ad esercitare sopra di esso l'ingegno e sforzarsi di superarlo, e scioglierlo...
Si scorge Cardano che tenta, che si apre delle nuove strade, che ritorna su le sue battute, che si volge or da un lato or dall'altro, seguendo i suggerimenti varj dell'ingegno; in una parola il libro è l'atto del tentare, non un ordine delle scoperte" (P.Cossali, Origine, trasporto in Italia, primi progressi in essa dell'algebra, Parma, Reale Tipografia, 1799, Vol. Il, pp. 441-42).
Ultime vicende biografiche: il periodo romano
Le peripezie bolognesi lo indussero a cambiare ancora una volta domicilio e il Cardano decise allora di trasferirsi a Roma, ove dichiara di essere giunto proprio il 7 ottobre 1571, cioè esattamente il giorno della "gloriosa battaglia di Lepanto contro i Turchi". Visse in Roma gli ultimi suoi anni, da privato cittadino e con una pensione passatagli dal Sommo Pontefice, mettendo mano alla redazione di quella autobiografia o autodifesa da cui è iniziata la nostra stessa narrazione biografica.
Se portiamo ora la nostra attenzione sull'aspetto più personale e psicologico della vicenda individuale di Cardano, essendo disponibile la sua 'autobiografia', che - come si è detto - risulta indubbiamente assai caratterizzata sia dal punto di vista della cultura dell'epoca che da quello della fisionomia psicologica personale dell'autore, è il momento di ricordare che vi è stato anche chi ha ritenuto di poter istituire una rigorosa indagine, ovvero un'analisi vera e propria del mondo psichico dell'estroso e geniale scienziato pavese. Il risultato è stato che il 'caso Cardano' costituiva una conferma di taluni risultati cui la ricerca psichiatrica era giunta ai tempi del grande Cesare Lombroso: "Da questo studio potrebbe confermarsi: a) che vi può
essere una pazzia nei dotti, e questa incarnarsi nelle loro opere e in tutta la loro vita; b) che si può ereditare non solo la follia ma anche la forma speciale di essa; c) che la sureccitazione nervosa e la passione predispongono alla follia; d) che il sogno è spesso un sintomo, spesso una causa della pazzia, e può lasciare larghissime tracce negli scritti ed atti del pazzo; e) che nel sogno succede un equilibrio delle passioni violente, e si mettono in gioco per morbosa volontà senza avvertirsene una serie di moti mnemonici" (C.Lombroso, Su la pazzia di Cardano, estr. da "Gazzetta medica italiana lombarda, Appendice psichiatrica", Milano, G.Chiusi, 1855, p. 23).
Ma una più equilibrata valutazione in proposito venne espressa da
G.C.Ferrari quando scrisse: "Se proprio vogliamo trovare un termine di paragone per tutte le stramberie del Cardano, non è nei manicomi che dobbiamo andarlo a cercare, ma lo troviamo molto più vicino a noi, nella vita comune degli individui simili a noi" (G.C.Ferrari, Proemio al volume di Rivari, La mente ..., p. VI). A sua volta lo psichiatra Enrico Rivari faceva tra l'altro osservare quanto segue: "Giova notare come il Cardano si levasse sopra i suoi tempi antivenendo l'odierna civiltà col condannare le sevizie della tortura e la pena di morte... Degno di particolare rilievo mi pare lo squarcio seguente, dove apertamente condanna la pena di morte: "Giustamente il popolo romano fece un tempo una legge per cui nessun cittadino e per nessun delitto, se non per tradimento contro la patria, fosse messo a morte. Questo attesta anche Cicerone. Infatti è noto che la maggior pena era quella dell'esilio. Così si comportarono verso i rei gli adoratori degli idoli, che non conoscevano il vero Iddio: e noi piissimi cattolici, puniamo di morte crudelissima uomini rei di colpe dubbie e di delitti non accertati, o gente abbindolata dall'altrui malvagità? Di guisa che sospendiamo al laccio ladroncelli poveri, sospinti dalla fame a commettere piccoli furti. E poi ci lamentiamo che di giorno in giorno cresca vieppiù la potenza dei Turchi!" [G.Cardano, De utilitate ex adversis cupienda ( Pavia, 1560), lib. III, cap. XV, in G.Cardano, Opera, Lione 1663, tono II p. 199]. Così ricco tesoro di sapere psicologico e psichiatrico non passò del tutto inosservato ai contemporanei del Cardano. Anzi, essi a lui, singolare conoscitore dell'uomo sano di mente e dell'uomo pazzo, a lui che in un'età crudele scrisse tutto quello che si è ripetuto di poi (ora a ragione ora no) per attenuare le colpe, talora si rivolsero per averne consiglio, a difesa di persone accusate" (Rivari, La mente ... , pp. 210, 215-16). L'avversione alla pena di morte divenne acuta in Cardano anche in seguito al Fatto che a quella punizione andò soggetto - a norma di leggi, in quanto colpevole di uxoricidio - il suo stesso figlio primogenito.
Immensa mole di materie trattate e di opere scritte
L'intera raccolta delle numerose opere di C.Cardano, citata diverse volte nel corso di questo scritto col titolo di Opera, venne pubblicata a Lione, in ben 10 grossi tomi in-folio di oltre 700 pagine ciascuno, nel 1663 (rist. anast.: Stuttgart 1966) a cura del medico Charles Spon (1609-1684): presenta 71 opere edite e 40 inedite. Il primo tomo è dedicato agli scritti di logica, il secondo e il terzo a quelli di fisica, il quarto alla matematica, dal quinto al nono riguardano la medicina e l'ultimo tomo contiene una miscellanea.
La monumentale produzione editoriale del Cardano contribuì a mantenere viva a lungo la fama del medico taumaturgo pavese. Essa attesta inoltre, una vera e propria multidisciplinarità: quasi un invito ad indagare se per caso non fossero stati attivi, nell'attività e nel pensiero del nostro estroso scienziato, anche elementi e fattori di interdisciplinarità.
Ma bisognerà tener presente al riguardo quanto ha scritto lo storico della filosofia Salvatore Fimiani: "Chi legge le numerose opere di Girolamo Cardano rileva ben presto non solo la mancanza di un sistema generale determinato, e di cui il filosofo si mostri cosciente, ma ancora la mancanza d'una dottrina ben definita. Ti si rivela in lui più l'erudito che il pensatore, più un infaticabile ricercatore delle dottrine e delle opinioni altrui che uno scienziato che vi rifletta e vi mediti su: egli è più curioso assimilatore che critico profondo: ha ingegno pronto, acuto, versatilissimo, ma non si può dire che abbia avuto una mente speculativa. Visse in un periodo di transizione ed il suo pensiero è come un riflesso dei tempi: nessun alto scienziato del `500 incarna così maravigliosamente il fermento di idee e di sentimento che segue alla dissoluzione della Scolastica e prepara l'apparire della moderna filosofia" (S.Fimiani, Gerolamo Cardano, la vita e le opere, Napoli, A.Trani, 1904, pp. 237-38).
Ecco in particolare come il Cardano stesso valutava - certo senza falsa modestia - il contributo da lui stesso arrecato alle varie scienze: `L'Aritmetica potrei dire d'averla rifatta ed ho certamente rifatto gli articoli che ne costituiscono la parte che denominano 'Algebra'. Riguardo a quanto era stato già da altri scoperto su questi argomenti o ne trattai più distesamente e ne resi quindi più agevole la comprensione o vi rilevai cose mirabili, o feci l'uno e l'altro.
In Geometria scopersi la misura o la proporzione tanto delle curve che delle superfici irregolari, come pure quelle dei finiti con gli infiniti e come argomentare su questi ultimi a partire dai primi, anche se di questo argomento aveva trattato Archimede prima di me.
Ho di voci nuove arricchita la Musica, non che di modi e forme non prima in uso; nel che non feci se non richiamare dal momento che era stato trascurato, quanto avevano già scoperto sia Tolomeo che Aristosseno.
Nella Filosofia Naturale ho tolto il 'fuoco' dal novero degli elementi; ragionai del 'fato' e di ciò che ne prova la realtà ed i modi vi guardo alla 'natura' ho sostenuto non darsene alcuna e non essere questo che un nome vano di cosa immaginaria, che diede origine a infiniti errori.
Taccio di altre cose innumerevoli, non però della principale fra tutte: in quanto fui maestro del come applicare alle arti e professioni tutto ciò che può desumersi dallo studio dei fenomeni naturali, giacché non è mai sorto nessuno prima di me che si accingesse a tale impresa" (Vita di Gerolamo Cardano Milanese, filosofo medico e letterato celebratissimo, scritta da lui medesimo in idioma latino e recata in volgare italiano da Vincenzo Mantovani, Milano, G.B.Sonzogno, 1821, cap. XLIV, pp. 262-63).
G.Cardano si interessò anche di pedagogia, scrivendo belle pagine - proprio in uno dei momenti più drammatici della sua vita familiare - sull'importanza che i figli crescano sani sia moralmente che fisicamente.
Siti Internet
Archivio bibliografico - Indice delle riproduzioni - ;
www.esonet.org/encyclopedia/Alchimia/Personaggi/G_Cardano.html;
www.popso.it/not/ARTICOLI/ECONOMIA-FINANZA/schede/96-08.scheda.gerolano4.html;
es.rice.edu/ES/humsoc/Galileo/Catalog/Files/cardano.html;
www.lib.virginia.edu/science/parshall/cardano.html;
britannica.corn/bcom/eb/article/4/0,5716,20594+1,00.html.